COME UNA FRECCIA NEL CUORE

 
 
 
Carlo Benincasa, della parrocchia della Santissima Trinità in Cerveteri, verso la metà di marzo ritorna in Mozambico come missionario laico della Sacra Famiglia, per collaborare nell’educazione dei bambini delle nostre comunità.

 
 
 
Lo abbiamo intervistato prima della partenza.
Ciao Carlo. Ci puoi dire qualcosa di te?
Sono, da pochi giorni, un ex agente di commercio nel settore degli imballaggi alimentari; per più di venti anni ho lavorato a Roma conoscendo bene la vita che lì si vive.
Come hai conosciuto la Congregazione della Sacra Famiglia?
L’ho conosciuta per un caso fortuito, o forse no. Mi spiego. Un giorno, era l’anno 2013, mi sono presentato dal parroco della Parrocchia Santissima Trinità di Cerveteri, padre Lorenzo, per chiedergli, così come si chiederebbe ad un qualsiasi prete, un po’ di conforto.
Volevo onorare la memoria dei miei genitori, ma non sapevo da dove cominciare. Mi suggerì, senza insistere, ma con lo scopo di verificare, le missioni della Congregazione in Mozambico. Detto fatto, cominciai a conoscere i vari padri e fratelli che fanno parte di questa Famiglia sia in Africa che in Italia e in Brasile.
Quando hai fatto la prima esperienza in Mozambico?
Nel 2014, ad un anno dall’incontro con padre Lorenzo. La prima freccia al cuore fece segno. Ancora ricordo i pianti non troppo nascosti, che mi feci durante l’esperienza di soli quattordici giorni, durante i quali Dio dipingeva i primi particolari di un quadro che ancora non vedevo.
Come è nato il tuo desiderio di dedicare tutto te stesso ai bambini poveri e orfani?
Il desiderio nacque dalla seconda freccia che mi perforò il cuore, scoccata da Santa Paola Elisabetta Cerioli. Conoscere, tramite le letture e l’incontro con la Congregazione, il suo carisma e la sua vita è stato per me un messaggio chiaro. La santità cui tutti siamo chiamati è possibile, e lasciare da parte le cose terrene per raggiungerla è un passaggio naturale, se ascolti Dio nell’intimo del tuo cuore. Santa Paola
Elisabetta mi ha offerto la chiave per comprendere il quadro che Dio stava dipingendo proprio per me, non per altri. Accostarsi, condividere la vita con gli ultimi degli ultimi, era ritornare alle mie radici, era ed è ritornare al Padre che per tutta una vita mi ha accudito tramite i miei genitori adottivi, donandomi una famiglia. E dirgli: grazie, eccomi, a te mi affido, in te confido.
Cosa speri per la tua prossima esperienza?
Spero di poter donare un po’ di serenità e gioia a chi non ce l’ha; spero che con un sorriso, l’unica capacità che ho, possa asciugare qualche lacrima. Tutto qui.
Hai qualche timore?
Il timore più forte che ho è che io possa mancare di umiltà, che possa pensarmi quello che non sono, visto che sono niente senza Dio. Il timore è di non amare i figli e le figlie di San Giuseppe che incontrerò,
come e quanto li ha amati Santa Paola Elisabetta Cerioli, fino al punto di annullarsi e farsi ultima tra gli ultimi.
Vorresti lasciare un messaggio ai nostri lettori?
Lasciatevi interpellare dall’amore di Dio, non abbiate tentennamenti in questo. Ascoltatelo nel silenzio, lasciategli spazio per parlarvi e vi renderà possibile tutto quello che pensate non si possa raggiungere. Fatevi aiutare in questo, leggendo le lettere di Santa Paola che sono di una bellezza non raccontabile se non per il fatto che vi possono cambiare la vita in meglio.
 
Grazie Carlo.
Ti auguriamo di cuore di continuare con generosità il cammino che il Signore ti ha fatto scoprire.
Siamo sicuri che saprai trasmettere ai bambini che incontri lo stesso amore che hai ricevuto dai tuoi genitori e dalle persone che ti sono state vicine.