Tempo di spaventapasseri

La domenica vado nelle comunità per celebrare la messa e in questo periodo, rispetto ai mesi padreago_148x162_37b384993f64f20bc6c32dea302baab2precedenti, incontro meno persone nella cappella. La gente è nei loro campi coltivati e fa lo spaventapasseri per far scappare i passerini e impedire loro che becchino il riso che sta maturando, perché è ormai prossimo il tempo della mietitura. Il Signor Bila, un anziano contadino, che a guardare il volto si nota la pelle bruciata dal sole, le rughe e la fatica del lavoro, mi diceva proprio quest’ultima domenica che «basta poco tempo perché in una sola volta uno sciame di passerini becchi una quantità di riso paragonabile a mezzo sacco. Mia moglie questa mattina – aggiunse – è andata nel campo verso le sei, prima che sorgesse il sole. Pertanto, questa domenica non partecipa alla celebrazione della messa. Quando sarà terminata la messa andrò io a dargli il cambio e lei andrà a riposare. Poi, nel pomeriggio verranno i figli e rimarranno fino alle sei di sera, quando si è fatto buio. In questi giorni bisogna continuamente stare attenti e continuare a vegliare camminando in continuazione attorno al campo, altrimenti sciami di uccelli beccano il riso, proprio ora che è prossimo alla mietitura.

Tanta fatica, padre – mi disse – e non sempre il lavoro viene ripagato dal raccolto. Due anni fa si era sollevato un forte vento e aveva piegato a terra gli steli di riso, che erano prossimi alla mietitura. Molti di noi – continuava – avevano perso tutto il raccolto. Abbiamo recuperato per terra quanto si poteva raccogliere, ma quel riso si prestava solo per seminare e non per le nostre pentole. Solo in pochi – quella volta – avevano raccolto il riso qualche giorno prima e avevano fatto in tempo a portarlo a casa. Quest’anno, sono in pochi coloro che finora hanno mietuto. Altri stanno iniziando. Io inizierò tra una decina di giorni e spero che il tempo non mi riservi delle brutte sorprese. Si ricorda, padre – aggiunse, ricordando – cinque anni fa, quando venne la grandine. Perdemmo non solo il riso, ma anche le verdure, come l’insalata, i pomodori, i peperoni, le verze … tutto perdemmo. Rimanemmo afflitti. Solo la mandioca, le patate, le cipolle e quant’altro cresce sotto terra si era salvato. Fu una grande sofferenza per tutti noi che viviamo con quanto la terra produce. I nostri figli e le nuove generazioni la grandine non l’avevano mai vista e non la conoscevano. Rimasero meravigliati a guardare cosa stava precipitando dal cielo e con che violenza si scagliava sui tetti delle nostre case».

Io presi la parola e aggiunsi che quella sera mi ero accorto che il rumore della lamiera era differente e non era il solito baccano causato dagli acquazzoni e dai temporali. Non avevo mai pensato che stesse grandinando e il mio pensiero – gli dissi – raggiunse voi, contadini, che aspettavate la maturazione per poi mietere.

«Io mi ricordo – riprese l’anziano contadino – che quand’ero giovane per la prima volta vidi quei grani di ghiaccio, che i nostri vecchi non sapendo come si chiamassero e dissero che “dal cielo piovve pietre” perché non avevano mai visto grandinare. Raramente da noi grandina e per questo che ancora oggi c’è gente della nostra terra che non sa cos’è la grandine. Durante tutta la mia vita solo tre volte vidi grandinare».

Nel frattempo erano giunte altre persone alla cappella e si poteva iniziare la celebrazione domenicale. Non eravamo numerosi come le altre volte ed io sapevo bene la motivazione per la quale mancava circa la metà della comunità. Era domenica, ma la priorità era data ai campi.

Se non difendono – pensai tra me – e proteggono dai passerini quanto la terra produce con il contributo del loro molto lavoro cosa possono portare nelle loro pentole? Non hanno il supermercato all’angolo, e se pure ci fosse nemmeno hanno i soldi per comperare quanto serve per rimediare ogni volta lo scarso raccolto. Anche il Padre eterno – immagino – saprà comprendere che coloro che mancano sono dovuti alla necessità di stare presenti nei loro campi per allontanare i passerini. Fare lo spaventapasseri è un lavoro e una necessità di tutti i giorni da quando il riso ha iniziato a germinare. È un lavoro che viene richiesto anche ai figli che in età scolare non frequentano le lezioni a scuola ma i campi dei propri genitori.

 

(Padre Agostino, Marracuene, 25 maggio 2011)